Negli ultimi anni la carenza di vitamina D nella popolazione è sempre più frequente, con diffusione quasi demografica, senza particolari differenze di età, sesso o etnia. Il forte cambiamento delle nostre abitudini alimentari e del nostro stile di vita ne è la causa. Ci esponiamo, ad esempio, sempre meno al sole, e sempre più lo facciamo utilizzando protezioni solari (sono proprio i raggi UVB ad attivare la vitamina D a livello cutaneo: questo perché molti sono timorosi dei danni causati dai raggi solari, da attribuire ad un sole sempre meno filtrato a causa dell’inquinamento (buco dell’ozono). A ciò si aggiunge un’attenzione sempre più crescente verso l’aspetto del nostro corpo che spesso sfocia nella pessima abitudine di demonizzare i grassi, quasi unica fonte alimentare di vitamina D, ritenendoli causa di aumento di peso o rischio per la salute, inducendoci ad escluderli drasticamente dalla nostra dieta ed intaccando così il fabbisogno giornaliero di vitamina D, che può essere soddisfatto mediante l’impiego di integratori di vitamina D in gocce per adulti e bambini.
Cos’è la vitamina D?
La vitamina D è una vitamina liposolubile ed è l’unica ad essere sintetizzabile dal nostro organismo con l’assorbimento dei raggi solari da parte della pelle, a differenza delle altre che devono essere assunte attraverso la dieta. Come dice il termine stesso, la vitamina (ammina necessaria per la vita) è una molecola di fondamentale importanza per l’essere umano, in quanto contribuisce, in modo diretto ed indiretto, al corretto svolgimento di svariate funzioni fisiologiche, in particolare alla calcificazione delle ossa.
Nel nostro organismo la vitamina D viene prodotta nella cute a partire da un derivato del colesterolo (7-deidrocolesterolo) presente nell’epidermide, sotto l’influsso dei raggi solari UVB. In questa prima fase si ottiene il precursore della vitamina stessa, ossia la sua forma inattiva o pre-vitamina, che subisce in seguito una prima modificazione chimica a livello epatico per diventare 25-idrossivitamina D, la forma più abbondante in circolo, quella ricercata per valutare un’eventuale carenza. La 25-idrossivitamina D viene poi trasferita al rene, dove subisce una seconda trasformazione in 1,25-diidrossivitamina D o calcitriolo, la forma attiva, che a livello intestinale si lega al suo specifico recettore e svolge il suo ruolo di facilitatore dell’assorbimento del calcio. In normali condizioni fisiologiche e regolare esposizione al sole, questo processo di autoproduzione di vitamina D rappresenta l’80-90% circa dell’apporto organico.
In quali alimenti si trova la vitamina D?
È possibile trovare vitamina D in particolare negli alimenti di origine animale (latte e derivati, salmone, sardine, sgombro, olio di fegato di merluzzo, ecc.), dove troviamo il colecalciferolo, ed in quelli di origine vegetale (funghi, cacao, ecc), dove troviamo l’ergocalciferolo. Le fonti alimentari hanno tuttavia un contenuto limitato di vitamina D: l’unico alimento a contenerne quantità rilevanti è l’olio di fegato di merluzzo.
Inoltre, colecalciferolo (vitamina D3) ed ergocalciferolo (vitamina D2) sono facilmente assorbiti a livello intestinale, immessi in circolo e captati quasi totalmente dal tessuto adiposo, che ne libera solo piccole quantità rispetto a quelle immagazzinate. Questo è il terzo motivo, oltre alla ridotta esposizione solare e allo scarso consumo di alimenti ricchi di colesterolo, per cui risulta oggi così frequente la condizione di ipovitaminosi D nella popolazione, ovvero di carenza di vitamina D.
In più l’accumulo in grandi quantità di questa vitamina nel tessuto adiposo, proprio perché liposolubile, può determinare stati di tossicità; fenomeni questi molto più accentuati in soggetti obesi, poiché l’eccesso di tessuto adiposo provoca grande capacità di assorbimento ed immagazzinamento della vitamina D.
Vitamina D: a cosa serve?
La vitamina D è una molecola nota per le sue proprietà legate al metabolismo del calcio, ma presenta anche molte altre funzioni, tanto da poterle attribuire a giusta causa anche la funzione di ormone. Il suo ruolo nell’omeostasi del calcio è da decenni riconosciuto dall’intero mondo scientifico: è in grado di favorire il suo assorbimento a livello intestinale e la sua successiva fissazione a livello osseo e dentale (processo di mineralizzazione).
Per questo motivo da tempo la vitamina D è utilizzata come integratore prezioso nelle donne in menopausa, a rischio di osteoporosi per graduale impoverimento delle scorte calciche ossee, o per chi, a seguito di altre disfunzioni fisiologiche, presenta deficit di calcificazione ossea e dentale come nel caso di chi è in cerca di rimedi per curare la parodontite.
Dagli anni ’90 in poi sono tornati ad intensificarsi gli studi a suo carico. Tali studi dimostrano che la vitamina D è molto più importante di quanto si pensasse, in quanto ha molteplici funzioni extrascheletriche. Una delle preziose funzioni ad essa attribuibili è quella genomica, ossia la capacità di disattivare i geni che codificano il percorso di produzione ed attivazione di fattori pro-infiammatori, quali ad esempio l’interleuchina-6 (IL-6).
Altra funzione accertata è quella che la vede partecipe nel processo di sintesi degli ormoni sessuali, in particolare di testotestone nell’uomo. Una corretta produzione di testosterone necessita di un’adeguata concentrazione di vitamina D. Essa ha influenza anche in ambito immunitario, in quanto modula la produzione di globuli bianchi, favorendo il corretto funzionamento del sistema immunitario.
Ottima, per tal fine, sarebbe l’integrazione preventiva nei mesi invernali per prevenire i malanni di stagione; non a caso, in particolare in forma di vitamina D3, figura come elemento negli integratori per il sistema immunitario.
Recenti analisi osservazionali hanno evidenziato un’associazione diretta tra insulinoresistenza e diabete di tipo 2 con bassi valori di vitamina D. Questi dati non possono essere ancora considerati certi, vista la ridotta durata degli studi, ma incoraggiano ulteriori ricerche ed approfondimenti in tale ambito.
Ancora, numerosi sono gli studi che hanno dimostrato che la vitamina D ha effetto protettivo sull’endotelio vasale, e che suoi bassi livelli si correlano con ipertensione arteriosa e aumentato rischio cardio e cerebro-vascolare. Altre evidenze scientifiche inducono a pensare che la vitamina D può essere utile nella prevenzione di complicanze gravidiche, quali il diabete gestazionale.
In ambito neurologico, la vitamina D pare abbia effetto neuro-protettivo e antinfiammatorio sul sistema nervoso centrale, risultando così preziosa nella prevenzione del declino cognitivo, nelle demenze, nella sclerosi multipla e nella depressione.
Altri studi ipotizzano possa avere effetti preventivi anche in campo oncologico, in particolare per quanto concerne il tumore al colon-retto, della prostata, della mammella e dell’ovaio. Anche l’apparato muscolare è positivamente influenzato dalla giusta concentrazione organica di vitamina D: pare aiuti a combattere il dolore muscolo-scheletrico cronico e la fibromialgia.
È noto infatti che la vitamina D interviene anche nei processi di sintesi proteica e nella contrazione muscolare. Di fatti, il manifestarsi di dolori muscolari è spesso uno dei sintomi dell’insufficienza vitaminica. Inoltre, sembra che la vitamina D riesca anche ad influenzare l’umore, perché, oltre che favorire l’assorbimento del calcio, favorisce anche quello del potassio, che ha un’azione positiva sulla sfera umorale. Questa proprietà richiede ulteriori approfondimenti, ma i risultati degli studi attualmente disponibili sembrano andare in questa direzione.
Fabbisogno giornaliero di vitamina D
È bene precisare che quando si parla di fabbisogno di vitamina D lo si esprime in termini di AI (Adequate Intake), ovvero di livello di assunzione adeguato e sufficiente a mantenere uno stato di salute ottimale, e non di RDA (Recommended Daily Allowance). Risulta infatti complicato stabilire un valore univoco di assunzione di Vitamina D giornaliera che ne copra il fabbisogno, in quanto l’assunzione di questa vitamina è correlata ai tempi e alle variabili dell’esposizione solare di ogni singolo individuo, legata dunque alle abitudini di vita e alle condizioni geografiche e di latitudine piuttosto che a quelle anagrafiche.
Secondo il SINU (Società Italiana di Nutrizione Umana) e i LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia), il livello di assunzione adeguata giornaliero (AI) di vitamina D in soggetti sani è di circa 15 µg/die in ambo i sessi, 10 µg/die per i lattanti fino a 11 mesi di vita. Il livello massimo tollerabile di assunzione (UL) varia con l’età nei bambini dai 6 mesi ai 10 anni, per tutte le altre categorie si assesta intorno ai 100 µg/die (dove 1 µg di colecalciferolo = 40 UI). Per tutte le fasce d’età ed entrambi i sessi il fabbisogno medio di vitamina D (AR) è di 10 µg/die.
Nel grafico sottostante sono riportati i livelli di vitamina D relativi al fabbisogno dei diversi individui per fasce d’età. Tutti i dati riportati presumono una sufficiente esposizione al sole ed una corretta sintesi endogena.
Fabbisogno di Vitamina D secondo SINU/EFSA
Età | Genere | AI | AR | UL | |
Lattanti | 7-11 mesi | entrambi i sessi | 10 µg/die | 10 µg/die | 45 µg/die |
Bambini | 1-3 anni | entrambi i sessi | 15 µg/die | 10 µg/die | 65 µg/die |
Bambini | 4-6 anni | entrambi i sessi | 15 µg/die | 10 µg/die | 75 µg/die |
Bambini | 7-10 anni | entrambi i sessi | 15 µg/die | 10 µg/die | 75 µg/die |
Bambini | 11-14 anni | entrambi i sessi | 15 µg/die | 10 µg/die | 100 µg/die |
Bambini | 15-17 anni | entrambi i sessi | 15 µg/die | 10 µg/die | 100 µg/die |
Adulti | ≥18 anni | entrambi i sessi | 15 µg/die | 10 µg/die | 100 µg/die |
Donne in Gravidanza | ≥18 anni | entrambi i sessi | 15 µg/die | 10 µg/die | 100 µg/die |
Allattamento | ≥18 anni | entrambi i sessi | 15 µg/die | 10 µg/die | 100 µg/die |
Il fabbisogno di vitamina D viene ottenuto per il 90% attraverso l’esposizione al sole e la sintesi a livello della pelle. Risulta tuttavia complicato poter stimare una dose ottimale di esposizione al sole sufficiente a coprire il bisogno di vitamina D nei diversi individui, in quanto esistono diverse variabili che potrebbero intaccare la qualità di tale esposizione; orario, quantità di melatonina nella pelle, periodo dell’anno, utilizzo di creme solari.
Generalmente, una minima esposizione al sole di braccia, volto e collo per diverse volte alla settimana, in periodo estivo ed alla latitudine dell’Inghilterra, può essere considerata sufficiente a soddisfare il fabbisogno di vitamina D. In realtà, le moderne condizioni di vita che ci spingono sempre più a restare all’interno, e le diverse variabili precedentemente menzionate fanno sì che la maggior parte delle persone non sia in grado di soddisfare il proprio fabbisogno di vitamina D mediante l’esposizione al sole: per questo, in caso venga a verificarsi una carenza, in particolare in soggetti con patologie potenzialmente aggravabili da livelli sierici di vitamina D insufficienti, è possibile assumerla tramite l’integrazione, previo consulto medico.
Assunzione e integrazione di vitamina D
L’integrazione di vitamina D è un intervento semplice, ben tollerato ed economico. Ma come assumerla, dunque? L’assunzione migliore volta a soddisfare il fabbisogno quotidiano è quella di vitamina D in forma liquida, in gocce o in soft-gel (componente liquida in capsula molle), solitamente in corrispondenza dei pasti. Le soluzioni in polvere richiedono attenzione, poiché la vitamina D, essendo un derivato del colesterolo (liposolubile), è molto sensibile alle elevate temperature e può danneggiarsi.
L’assunzione in capsule è raccomandata solo in soggetti in cui il fabbisogno ottimale di vitamina D si raggiunge solo tramite dosaggi superiori agli usuali (sindrome di malassorbimento, soggetti obesi, epatopatie o terapie con farmaci che interferiscono con il metabolismo della vitamina D). La somministrazione di vitamina D per via muscolare è invece da riservare ai soli soggetti con difficoltà funzionali nella deglutizione.
Il metabolita più utilizzato a livello terapeutico è il colecalciferolo; tuttavia, in condizioni particolari, quali grave insufficienza renale, si preferisce somministrare il calciferolo. Per molto tempo si è consigliata l’assunzione quindicinale di vitamina D, ma di recente si fa sempre più strada tra gli esperti il parere che l’assunzione più opportuna sia, a parità di dosi cumulative, quella settimanale o addirittura giornaliera, perché in questo modo si riesce meglio a simulare la normale funzionalità organica.
Carenza di vitamina D
La carenza di vitamina D è una condizione sempre più frequente che affligge soggetti appartenenti a tutte le fasce d’età, ascrivibile alle abitudini di vita contemporanee, che contribuiscono alla difficoltà di assumere dosi sufficienti di questo nutriente. La carenza di vitamina D può sfociare in diverse problematiche: influisce sulla calcificazione delle ossa, contribuendo all’insorgenza dell’osteoporosi, al rischio di rachitismo nei bambini e osteomalacia negli adulti, tipologie di deformazioni ossee associate proprio a livelli insufficienti di vitamina D e alle alterazioni del metabolismo osseo. Si stima che il 70% degli italiani abbia una carenza di vitamina D.
Cause di carenza di vitamina D
Per la sintesi organica di vitamina D è necessaria un’esposizione solare sufficiente, ossia la giusta inclinazione dei raggi solari ed un tempo di esposizione sufficiente, come ad esempio mezz’ora al giorno per almeno il 25% del nostro corpo, ad orari compresi tra le 10:00 e le 15:00. L’assunzione con la dieta è altrettanto limitata, essendo la vitamina D contenuta nella componente lipidica di prodotti di origine animale e vegetale, alimenti questi erroneamente sempre più demonizzati a causa della loro ricchezza in colesterolo.
Per avere una dose di vitamina D valida e sufficiente a soddisfare il fabbisogno quotidiano dovremmo assumere 80/100 gr di burro al giorno oppure 300/400 gr di salmone, cosa ovviamente irrealizzabile, non solo per chi ha problemi di intolleranza al lattosio o di ipercolesterolemia; per cui la produzione esclusivamente tramite l’esposizione al sole, così la sola assunzione tramite gli alimenti, non è mai sufficiente.
Inoltre occorre considerare anche condizioni di deficit di tipo fisiologico, dovuto a carenze o mal funzionamento enzimatico nei due processi di trasformazione del precursore della vitamina D, oppure all’insufficiente assorbimento a livello intestinale. Anche abitudini come il consumo di alcol, fumo e sostanze stupefacenti possono influire sulla dispersione della vitamina D.
Ecco perché il ricorso all’integrazione di vitamina D, tra i più importanti ingredienti degli integratori per il sistema immunitario, risulta essere la soluzione più opportuna ed addirittura necessaria in particolari condizioni. Recenti studi epidemiologici hanno dimostrato che in Italia l’incidenza della carenza di vitamina D è maggiore rispetto ai paesi del nord Europa, diversamente da quanto ci si potrebbe aspettare, questo perché se è vero che i secondi soffrono più di noi la scarsità di luce solare, essi proprio per questo hanno acquisito già da tempo l’abitudine di “rinforzare” gli alimenti con aggiunte di vitamina D, cosa da noi ancora non molto diffusa.
In particolare nel nostro Paese le carenze di vitamina D si manifestano non solo in donne in post-menopausa e uomini in età senile colpiti da osteoporosi, ma anche, in generale, nella fascia di popolazione anziana. Si stima che alla fine dei mesi invernali circa l’86% delle donne con età superiore ai 70 anni mostri valori di carenza; questo può riscontrarsi anche nei mesi estivi. Gli anziani non hanno tendenza all’esposizione solare, in quanto hanno una soglia di sopportazione del calore molto bassa Importanti carenze, sempre più diffuse, si sono però manifestate anche nelle fasce d’età giovanile, proprio a causa degli stili di vita precedentemente illustrati non favorevoli all’assunzione della vitamina.
Come leggere i valori di vitamina D
Per valutare lo stato vitaminico di un soggetto ed individuare eventualmente una condizione di ipovitaminosi D, si quantifica la presenta di 25-idrossivitamina D, essendo questa la più abbondante in circolo e di conseguenza più facilmente dosabile.
I valori di cut-off per la diagnosi di ipovitaminosi sono variati nel tempo proprio per modularsi all’incidenza sempre maggiore di carenze, ad oggi sono ancora fonte di qualche discussione.
Attualmente la maggior parte delle comunità scientifiche attribuiscono uno stato di insufficienza con valori compresi tra 20 e 30 ng/ml e condizioni di carenza di vitamina D per valori inferiori ai 20 ng/ml; tuttavia diffuso comincia ad essere il parere secondo il quale si dovrebbe individuare l’insufficienza, almeno lieve, già per valori inferiori ai 50 ng/ml.
Sintomi di carenza di vitamina D
La carenza di vitamina D come abbiamo visto può colpire diversi organi ed interferire negativamente con numerosi processi biologici e fisiologici fondamentali; di conseguenza può presentare diverse manifestazioni organiche, molto spesso subdole. In generale i possibili sintomi più comuni sono:
- Dolore (anche pulsante) osseo, lombosacrale, pelvico o agli arti inferiori
- Senso di impedimento fisico
- Dolori o debolezza muscolare, soprattutto ai quadricipiti ed ai glutei, tale da indurre difficoltà ad alzarsi da seduto o andatura ondeggiante
- Tendenza alle cadute apparentemente immotivate
Quando fare il dosaggio della vitamina D
Si è detto che esistono categorie di soggetti notoriamente più a rischio rispetto alle condizioni di ipovitaminosi, ma si è altrettanto detto che tale condizione si diffonde sempre più ed in modo demografico nella popolazione. I ricercatori si sono posti il problema di stabilire una metodologia logica di screening della popolazione, non potendo dosare i valori di 25-idrossivitamina D a tutti e più volte nell’arco dell’anno.
In conclusione si ritiene sia opportuno effettuare un dosaggio plasmatico di routine nei soggetti che manifestano sintomi di carenza (in particolare la prescrizione di integratori di vitamina D è comune nella prevenzione e trattamento dell’osteoporosi) ed in generale nei soggetti di età compresa tra i 60 e i 70 anni, sia maschi che femmine.
Per i soggetti con età superiore ai 70 anni e ridotta esposizione al sole si ritiene che si possa effettuare un’integrazione di vitamina D anche senza eseguirne il dosaggio, vista per essi una prevalenza vicina al 100%. Il grado di efficacia di una terapia contro l’ipovitaminosi dipende da diversi fattori, sia strettamente connessi all’individualità del soggetto e al suo grado di rispondenza, sia legati ai livelli di vitamina prima della terapia e alla durata della stessa.
Per pazienti che assumono a lungo termine dosi giornaliere di almeno 1000 UI, è opportuno eseguire dosaggi periodici, ad esempio due volte l’anno. Inoltre l’integrazione con colecalciferolo può comportare rischio di ipercalcemia (eccesso di calcio nel sangue), per cui è indicato effettuare un dosaggio del calcio serico ed urinario, all’inizio del trattamento, dopo 7 e 30 gg dal trattamento, e successivamente ogni 3-6 mesi.
Quanta vitamina D assumere al giorno?
Secondo la SIOMMMS il fabbisogno giornaliero di vitamina D varia da 1500UI/die per gli adulti sani a 2300UI/die per gli anziani. L’alimentazione-tipo italiana arriva a fornire 300 UI/die, per cui in caso di ridotta esposizione al sole occorre fornire supplementi per 1200-2000UI/die. Chiaramente, in casi di obesità, malassorbimento, trattamenti farmacologici che interferiscono con il metabolismo della vitamina D, sarà necessario aumentare le dosi.
Cosa significa UI?
Come abbiamo visto la concentrazione di vitamina D organica, o meglio la quantità di 25-idrossivitamina D nel circolo ematico, si misura in nanogrammi per millilitro (ng/ml) o nanomoli per litro (nmol/L), sapendo che 1 nmol/L corrisponde a 2,5 ng/ml. Convenzionalmente le dosi di vitamina D vengono espresse in Unità Internazionali (1 UI = 0.025 mcg colecalciferolo/ergocalciferolo), perché, essendo la vitamina presente in natura in diverse forme, occorrerebbe sempre precisare a quale tipologia facciamo riferimento. Per generalizzare si parla di vitamina D, come di qualunque altra sostanza, facendo riferimento alla sua attività biologica e l’UI ne è l’unità di misura. In questo modo è possibile facilmente confrontare fra di loro diverse sostanze e diverse preparazioni.
Dosaggio giornaliero di vitamina D nei soggetti sani
La SIOMMMS (Società Italiana dell’Osteoporosi e del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro) ha emanato delle linee guida per la corretta integrazione di vitamina D in soggetti sani, in base ad età ed esposizione solare, ed in soggetti con patologie. Prima di dettagliare i quantitativi consigliati occorre precisare un aspetto molto importante, ossia la contemporanea assunzione di calcio.
Dato che la vitamina D agisce aumentando l’assorbimento intestinale di calcio, un non adeguato introito giornaliero di questo minerale potrebbe compromettere l’efficacia del trattamento. A dimostrazione di ciò si citano evidenze secondo le quali l’associazione di calcio e vitamina D riduce il rischio di fratture del femore del 18-21% in soggetti affetti da osteoporosi, valori non di poco superiori a quelli che si ottengono con integrazione esclusiva di vitamina.
Dosaggi di vitamina D in stati patologici
Il dosaggio consigliato dalle linee guida della SIOMMMS in caso di ipovitamionosi è di 50.000 UI/die a settimana per 2-3 mesi. In caso di gravi carenze si può arrivare anche a 1.000.000 UI/die nell’arco di poche settimane.
Dosaggi di vitamina D nell'osteoporosi
Per quanto riguarda i soggetti con osteoporosi, le stesse linee guida, spiegano che dosi di colecalciferolo inferiori 800 UI/die sono generalmente insufficienti per prevenire le fratture. D’altronde dosi superiori alle 100.000 UI/die in un’unica soluzione possono comportare effetti potenzialmente negativi sulla salute dello scheletro; possono avere effetto opposto al desiderato inibendo la mineralizzazione ed aumentando il rischio di fratture.
Solitamente si indica un supplemento a dosi terapeutiche per qualche settimana, fino al raggiungimento dei livelli normali. Per poi proseguire con dosi di mantenimento a dosaggio inferiore variabile tra gli 800 e i 2000 UI/die.
Durata dell'integrazione di vitamina D
La durata delle integrazioni è variabile da soggetto a soggetto secondo la sua condizione particolare, concentrazione iniziale di vitamina D, eventuali presenze di stati disfunzionali, capacità individuale di reazione al trattamento. L’azione delle integrazioni non è immediata: è necessario del tempo, a volte anche settimane, affinché si mostrino i primi effetti. In linea generale per l’integrazione di vitamina D, come per qualunque altra forma di integrazione, è necessario un trattamento minimo di 2-3 mesi, che può prolungarsi anche fino a 6, per stabilizzare una positiva risposta dell’organismo.
Sovradosaggio e tossicità
I valori di vitamina D riportati nel grafico corrispondono ai limiti di assunzione che scongiurano pericoli di tossicità ed effetti da sovradosaggio cronico. Elevate concentrazioni di vitamina D nel corpo umano possono infatti diventare tossiche. È stato sperimentato che concentrazioni pari a 40.000 UI somministrate in unica assunzione possono uccidere un ratto; tale quantità corrisponde a circa 7-10 milioni di UI per un uomo di 70 kg in un’unica assunzione.
Tale tossicità è legata all’innesco di meccanismi di ipercalcemia; un eccesso di vitamina D può infatti causare una calcificazione dei vari organi, con la comparsa di diversi sintomi ad essa associati come vomito, nausea, perdita di peso, ma anche disturbi psicologici. È bene precisare che non vi sono rischi di sovradosaggio casuale di vitamina D mediante l’esposizione al sole o l’alimentazione, e che questo rischio fa riferimento all’integrazione.
La più bassa concentrazione in somministrazione unica capace di indurre ipercalcemia è stata riscontrata in 500 nmol/L, ma per margine di sicurezza si considera a rischio tossicità una concentrazione pari o superiore a 374 nmol/L, che corrisponde a 150 ng/mol. A conferma rassicurante di ciò si è registrato che l’assunzione di 1000 U.I./die di vitamina D eleva i valori di 25-idrossivitamina di 15-25 nmo/l e che dosi di 10.000 U.I./die assunte per 5 mesi non hanno determinato sintomi di tossicità.
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